Entra in un parallelepipedo venuto male, / scalcinato, pieno di buchi e polvere, / dodici metri per sei metri per tre metri, / scaldato a legna (quasi sempre male), / e se ci riesci / mettiti a gridare.
Ti diranno che sono troppo pochi / duecentosedici metri, per provare, / devi trovare spazi più adeguati. / Naif è bisogno di uno spazio / per fare arte senza essere artisti. / Poter brillare senza essere un lustrino. / Se non c’è spazio, in quello distribuito, / che sia, come si vuole, adeguato,
tu sali quei ventidue gradini / e siediti su questo trono inadeguato. / Se non hai carta scrivi sulla polvere. / Se non hai scene cuci insieme gli stracci. / Se non hai luci bastano le candele. / Dai un nome ai buchi, ai graffi, alle pareti. / Dai un senso al nulla / e tutto avrà una storia.
Si dirà: “Ma come fai a provare / in quello spazio che sembra una prigione. / Come si potrà mai rappresentare / in un posto così poco presentabile.” / Ma senza questa teoria inadeguata / senza questa prigione, / non saremmo stati liberi di provare
Essendo davvero poco presentabili / non siamo stati per niente presentati / eppure siamo qui sempre presenti / a presentare rappresentazioni.